Le città invisibili
"Anche le città credono d'essere opera della mente o del caso, ma né l'una né l'altro bastano a tener su le loro mura.
D'una città non godi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda."
Nel 1972, Italo Calvino, ricorrendo alla tecnica della letteratura combinatoria, scrive Le città invisibili. Opera in cui è evidente l'influenza della semiotica e dello strutturalismo. Nella prefazione Calvino scrive:
Nelle Città invisibili non si trovano città riconoscibili. Sono tutte inventate; le ho chiamate ognuna con un nome di donna; il libro è fatto di brevi capitoli, ognuno dei quali dovrebbe offrire uno spunto di riflessione che vale per ogni città o per la città in generale. Il libro è nato un pezzetto per volta, a intervalli anche lunghi, come poesie che mettevo sulla carta, seguendo le più varie ispirazioni.
Il libro è costruito da nove capitoli e le 55 città descritte sono poi ulteriormente raggruppate in 11 categorie, ognuna con un proprio titolo. Così abbiamo “Le città e la memorie”, “Le città e gli scambi”, “Le città e il desiderio”… Il punto di partenza e la conclusione di ogni capitolo è il dialogo tra Marco Polo e l'imperatore dei TartariKublai Khan, che interroga l'esploratore sulle città del suo immenso impero.
"Chi comanda al racconto non è la voce: è l'orecchio. (...) E ascolto dalla tua voce le ragioni invisibili di cui le città vivevano, e per cui forse, dopo morte, rivivranno."
Raccontare è un creare bisognoso, che vuole combattere l’horror vacui del silenzio. Raccontare è l’atto sociale più rivoluzionario quando c’è la noia perché è l’incontro con una qualche identità in un campo sommariamente coinvolto da adorazione, accondiscendenza o rifiuto e disapprovazione.
"Se ti dico che la città a cui tende il mio viaggio è discontinua nello spazio e nel tempo, ora più rada ora più densa, tu non devi credere che si possa smettere di cercarla."
Nonostante la struttura dell’opera sia ben chiara e i protagonisti ben identificabili, quest’opera di Calvino la si può immaginare come un libro che mai si conclude, con un protagonista che cambia in continuazione. Calvino stesso ha affermato, in una conferenza del 1983 allaColumbia Universitya New York, che non c'è una sola fine delle Città invisibili perché “questo libro è fatto a poliedro, e di conclusioni ne ha un po' dappertutto, scritte lungo tutti i suoi spigoli".
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"Cities believe to be the created by the mind or by the role of chance, however neither of them is strong enough to keep up their walls. You do not enjoy the seven or seventy-seven wonders of a city, but the answer it gives to your question. " In 1972, Italo Calvino, using the technique of combinatorial literature, wrote "The invisible cities". Novel in which the influence of semiotics and structuralism is evident. In the preface Calvino writes:
In "Invisible cities" there are no recognizable cities. They are all invented; Each of them is nameb by a woman; the book is made up of short chapters, each of which should offer food for thought, and it should work for each city or for the city in general. The book was born one chapter at a time, sometimes with long intervals between them, like poems that I put on paper, following the most varied inspirations.
The book has nine chapters, the 55 cities described are united into 11 categories, each with its own title. So we have "The cities and the memories", "The cities and the exchanges", "The cities and the desire" ... The starting point and the conclusion of each chapter is the dialogue between Marco Polo and the Tartar emperor Kublai Khan, that interrogates the explorer about the cities he has visited within the immense empire.
"Who is in charge of the story is not the voice: it is the ear. (...) And I hear from your voice the invisible reasons of which the cities lived, and for which perhaps, after death, they will live again."
Telling is a needy creation, which wants to fight the horror vacui of silence. Telling is the most revolutionary social act when there is boredom because it is the encounter with some identity in a field summarily involved in adoration, condescension or rejection and disapproval.
"If I tell you that the city to which my journey tends is discontinuous in space and time, now sparse now more dense, you shouldn't stop looking for it."
Although the structure of the work is very clear and the protagonists clearly identifiable, this work by Calvino can be imagined as a book that never ends, with a protagonist that changes constantly. Calvino himself said, in a 1983 lecture at Columbia University in New York, that there is not a single end to the invisible Cities because “this book is created as a polyhedron, and it has conclusions everywhere, written along all its edges ".
Elena Arzani
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